Greenpeace colpisce ancora. Questa volta, nel suo mirino, ci sono i tessuti e la moda. L’organizzazione infatti ha denunciato la presenza di sostanze chimiche nei tessuti dei vestiti. Dopo aver analizzato gli abiti di venti case di moda, è emerso che nei capi d’abbigliamento che noi tutti indossiamo sono presenti delle sostanze tossiche e soprattutto nocive per l’essere umano.

Si parla quindi di nocività, di danni alla salute dell’uomo e soprattutto di mancanza di rispetto per la propria clientela che paga per un abito per poi, a sua insaputa, rischiare anche di rimetterci la pelle.
E i brand toccati nel vivo da questa ricerca di Greenpeace sono fra i più popolari e influenti del fashion system.
Troviamo infatti Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C&A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H&M, Zara, Levi, Victoria ‘s Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl.

E nel rapporto stilato dall’organizzazione pacifista, intitolato Toxic Threads – The Fashion Big Stitch-Up, si parla di un’analisi svolta su 141 capi di venti case di moda differenti, dalla moda bambino ai capi donna, prodotti perlopiù in Paesi in via di sviluppo.

Ma da cosa è dovuta la tossicità degli abiti? Apparentemente sembra essere causata da alcune sostanze utilizzate nei stabilimenti di produzione che inquinano i corsi d’acqua sia durante la produzione che durante i lavaggi domestici. Queste sostanze, chiamate NPE (composti nonilfenoloetossilati), oltre a essere nocive per la natura sono anche una grave minaccia per il sistema endocrino umano, in quanto rilasciano nonilfenoli che modificano il corretto funzionamento ormonale del corpo.

Dopo aver lanciato questa importante denuncia, alcuni dei brand accusati dal rapporto hanno preso parte al programma Detox di Greenpeace, prestando più attenzione alla fase produttiva degli abiti in modo da assicurarsi il giusto rispetto e sicurezza per la propria clientela.

Una moda eco-sostenibile quella agognata da Greenpeace che, con un impegno costante e duraturo, tutti i giorni cerca di ricordare alle multinazionali che dietro un prezzo non c’è solo un abito, ma anche una persona.