Un ultimo battito, poi il nulla. Così si è spenta la vita di Zaha Hadid, la regina indiscussa dell’architettura moderna, giovedì 31 marzo a Miami, a causa di un arresto cardiaco.

Nata a Baghdad il 31 ottobre del 1950 era sempre cresciuta con uno sguardo visionario verso il futuro.
Nel 2004 il suo genio l’ha portata ad essere la prima donna a vincere il premio Pritzker, uno dei massimi riconoscimenti nell’ambito dell’architettura.
Nel settembre 2014 le è stata conferita la medaglia d’oro per l’architettura, un premio alla carriera che viene assegnato ogni anno dalla Royal institute of British architects.

La sua intelligenza andò molto oltre la semplice progettazione, Zaha ha sempre sentito dentro di sla creatività. Questo impulso così forte e così incontrollabile l’ha sempre spinta a cercare qualcosa di nuovo.
Nel 2009 si gettò a capofitto in una collaborazione con Lacoste per cui disegnò una capsule collection.
Progettò dieci mila paia di scarpe per uomo e donna che ricalcassero la forma del piede, ricalcandone perfettamente la forma anatomica.

Il suo lavoro si è svolto ricercando sempre l’armonia, la sua collezione di calzature è lo specchio di tutte le sue opere principali come il museo di arte contemporanea Maxxi a Roma, il CityLife project a Milano e il London aquatics centre a Londra.

Zaha voleva che ogni uomo entrando in uno spazio architettonico si potesse sentire in contatto con la natura e proprio per questo Karl Lagerfeld la scelse perché creasse per Chanel il Mobile Art Pavillion in occasione del compleanno della famosissima 2.55.
Per il grande evento infatti furono esposti i tributi di 20 grandi artisti all’iconica borsa, ma si voleva qualcosa di più, lasciare un segno che durasse nel tempo, dove l’arte possa esprimersi liberamente, sempre e comunque nel nome della moda.